2 ANNI 8 MESI 5 GIORNI
Stava tornando a casa come ogni sera. La strada, a
quell’ora, non era trafficata, soltanto qualche macchina. La radio era
sintonizzata su un canale che trasmetteva solo musica degli anni della sua
gioventù. Ascoltava e ripercorreva la “strada” del suo passato. Roberto, un
uomo che negli anni si era costruito, con sacrificio, il suo presente,
guadagnandosi un posto di lavoro ricco di soddisfazioni con un buon ritorno
economico. A casa lo attendeva la moglie Anna, il grande amore della sua vita.
Tutto nella normalità, il passato, il presente, il lavoro, la moglie, i
ricordi. All’improvviso un lampeggiante. Il cellulare di Anna squillò a notte
fonda e lei rispose senza attendere il secondo squillo. Un pronto secco,
disperato, trepidante. Dall’altra parte una voce di un uomo, fredda,
determinata, tagliente: “Signora Anna?”,
Anna rispose con un “Si” che sapeva
unicamente di terrore. “Suo marito è qui
in questura ed è stato trattenuto per accertamenti”. “Questura? Accertamenti?
ma... ma... “ Non riuscì ad aggiungere altro, la voce dell’uomo chiuse la
telefonata subito dopo aver detto: “Può venire
domani mattina, non prima, e incontrarlo per qualche minuto.” Il “click”
del ricevitore che si chiudeva sembrava un proiettile sparato alla tempia della
donna. La notte la trascorse come un incubo e le ore sembravano non passare
mai. Interrogativi, su perché Roberto si trovava in questura, le stavano
torturando la mente. Roberto, un uomo senza difetti, onesto, equilibrato,
dotato di raziocinio, lui proprio lui in questura per accertamenti. Una soluzione
a tutto questo doveva esserci e non poteva che aver sbocco in un errore. Attese
le prime luci dell’alba per prepararsi e infilarsi in auto. La strada non era
ancora trafficata e Anna, naturalmente, voleva giungere in questura il prima
possibile. Dopo diversi chilometri giunse nella grande città che si stava
animando. Le auto, i mezzi pubblici, i
semafori, gli attraversamenti pedonali rallentarono il suo arrivo. Giunta davanti
alla questura perse ancora tempo nel trovare un parcheggio. Salì le scale del
palazzo e si diresse nel primo ufficio che le capitò. Da lì fu mandata al
secondo piano dello stabile. Bussò alla porta dell’ufficio indicatole. Le aprì
un uomo, alto, ben piazzato, indossava un paio di jeans e un giubbotto nero, un
occhiale con lenti a specchio non permetteva di intravedere gli occhi. Chiese
di suo marito e l’uomo, senza esitazione e con tono severo, le rispose che era
stato trasferito presso il carcere. Anna non credeva a quelle parole. Roberto
in carcere, no, non poteva essere. Era solo un errore, uno stupido e banale
errore che si sarebbe risolto in brevissimo tempo. Quanti ne sono accaduti di
errori di questo tipo. Anna ripeteva
mentalmente la stessa frase: “E’ un
sogno, solamente un brutto sogno, domani mi sveglierò nel mio letto e accanto a
me troverò Roberto”. Anna si
svegliò, stese il braccio e la sua mano intrecciò quella di Roberto. Era la
mattina del 29 novembre 2012, all’indomani del processo nel quale il Tribunale
assolse Roberto con formula piena per non aver commesso il fatto. Questo
accadde dopo 2 anni, 8 mesi e 5 giorni
di carcere.
Mani Si.Le.nziose (foto di Sergio Saracchini) |
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