sabato 20 ottobre 2018

2 ANNI 8 MESI 5 GIORNI


2 ANNI 8 MESI 5 GIORNI

Stava tornando a casa come ogni sera. La strada, a quell’ora, non era trafficata, soltanto qualche macchina. La radio era sintonizzata su un canale che trasmetteva solo musica degli anni della sua gioventù. Ascoltava e ripercorreva la “strada” del suo passato. Roberto, un uomo che negli anni si era costruito, con sacrificio, il suo presente, guadagnandosi un posto di lavoro ricco di soddisfazioni con un buon ritorno economico. A casa lo attendeva la moglie Anna, il grande amore della sua vita. Tutto nella normalità, il passato, il presente, il lavoro, la moglie, i ricordi. All’improvviso un lampeggiante. Il cellulare di Anna squillò a notte fonda e lei rispose senza attendere il secondo squillo. Un pronto secco, disperato, trepidante. Dall’altra parte una voce di un uomo, fredda, determinata, tagliente: “Signora Anna?”, Anna rispose con un “Si” che sapeva unicamente di terrore. “Suo marito è qui in questura ed è stato trattenuto per accertamenti”. “Questura? Accertamenti? ma... ma... “ Non riuscì ad aggiungere altro, la voce dell’uomo chiuse la telefonata subito dopo aver detto: “Può venire domani mattina, non prima, e incontrarlo per qualche minuto.” Il “click” del ricevitore che si chiudeva sembrava un proiettile sparato alla tempia della donna. La notte la trascorse come un incubo e le ore sembravano non passare mai. Interrogativi, su perché Roberto si trovava in questura, le stavano torturando la mente. Roberto, un uomo senza difetti, onesto, equilibrato, dotato di raziocinio, lui proprio lui in questura per accertamenti. Una soluzione a tutto questo doveva esserci e non poteva che aver sbocco in un errore. Attese le prime luci dell’alba per prepararsi e infilarsi in auto. La strada non era ancora trafficata e Anna, naturalmente, voleva giungere in questura il prima possibile. Dopo diversi chilometri giunse nella grande città che si stava animando.  Le auto, i mezzi pubblici, i semafori, gli attraversamenti pedonali rallentarono il suo arrivo. Giunta davanti alla questura perse ancora tempo nel trovare un parcheggio. Salì le scale del palazzo e si diresse nel primo ufficio che le capitò. Da lì fu mandata al secondo piano dello stabile. Bussò alla porta dell’ufficio indicatole. Le aprì un uomo, alto, ben piazzato, indossava un paio di jeans e un giubbotto nero, un occhiale con lenti a specchio non permetteva di intravedere gli occhi. Chiese di suo marito e l’uomo, senza esitazione e con tono severo, le rispose che era stato trasferito presso il carcere. Anna non credeva a quelle parole. Roberto in carcere, no, non poteva essere. Era solo un errore, uno stupido e banale errore che si sarebbe risolto in brevissimo tempo. Quanti ne sono accaduti di errori di questo tipo.  Anna ripeteva mentalmente la stessa frase: “E’ un sogno, solamente un brutto sogno, domani mi sveglierò nel mio letto e accanto a me troverò Roberto”. Anna si svegliò, stese il braccio e la sua mano intrecciò quella di Roberto. Era la mattina del 29 novembre 2012, all’indomani del processo nel quale il Tribunale assolse Roberto con formula piena per non aver commesso il fatto. Questo accadde dopo 2 anni, 8 mesi e 5 giorni  di carcere.
Sergio Saracchini
Mani Si.Le.nziose
(foto di Sergio Saracchini)

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