domenica 14 giugno 2020

Farfalla (Breve n.1)


Farfalla
(Breve n.1)
Quel pomeriggio, ancora prima che il sole riponesse i suoi raggi nel tramonto di una giornata estiva, prese la sua vecchia bicicletta dalla pedalata lenta quasi stanca. Non aveva cambi e ogni giro di pedale faceva sentire la fatica nelle gambe. Quel mezzo aveva la fama d’essere stato costruito in maniera artigianale, robusto, indistruttibile sia alle sollecitazioni del terreno che al passare del tempo. Una bicicletta usata da chissà quante persone ma ancora in buone condizioni, una marca famosa, il modello era il “Farfalla”. Dopo un breve tratto di rettilineo asfaltato e trafficato, tagliò per una stradina sterrata che conduceva nella campagna circostante. La zona era un mare di prati, campi di spighe di grano puntellati da macchie rosse di papaveri e nell’aria le farfalle volavano nel silenzio dei leggeri aliti di vento. Sotto le due ruote la strada a poco a poco incominciò a cancellarsi, scomparendo, ritrovandosi a pedalare in un campo dove steli d’erba e fiori facevano il tifo al suo passaggio. Le farfalle superavano la bicicletta o a tratti, quando si fermava per riprendere fiato, si concedevano anch’esse una sosta su manubrio, campanello o fanale. Sembrava aspettassero che ripartisse o meglio sembrava volessero sollevare la bicicletta per alleviare la fatica e portare in volo chi pedalava. Dopo soste per riposarsi, stendendosi tra le braccia dei petali, facendosi solleticare dalle formiche e con il ronzio di qualche insetto nel sottofondo, s’accorse che il sole era ormai quasi tramontato. Riprese la bicicletta e con tutte le forze rincominciò a pedalare con una certa energia cercando di prendere velocità per giungere a casa prima che la notte inghiottisse il suo ritorno. Un momento di smarrimento e strada con campagna circostante scomparvero. I suoi occhi non scorgevano punti di riferimento e anche l’occhio della bicicletta, che in quel momento doveva essere il più lucente possibile, era cieco. All’improvviso luci veloci sfrecciarono davanti ai suoi occhi, erano i fanali delle auto sulla strada asfaltata che, nell’ultimo tratto, avrebbe ricondotto a casa. Finalmente ci arrivò e per pochi chilometri percorse quella lunga lingua nera d’asfalto ancora calda dal sole assorbito. Due occhi luminosi stavano dietro e man mano che si avvicinavano diventavano sempre più grandi. All’improvviso tutto si illuminò. C’era il sole, l’azzurro del cielo, i fili d’erba, i papaveri ma soprattutto, in quel campo, c’era una farfalla in più che faceva a gara con altre nel volare e cercare una bicicletta da superare o su cui posarsi per riposare.

SergioSaracchiniIlCalamaioDelCuore14/06/2020

domenica 7 giugno 2020

Semplice e piccolo elogio alla lentezza






Semplice e piccolo elogio alla lentezza

Lungo la via
che conduce al quotidiano
trovo il piacere
del costante andare piano

placidamente avanza
senza sforzo alcuno
nel tempo senza meta
e dietro più nessuno

ammirevole andamento
alimenta la pazienza
nell'arrivare in fondo
sicura e con prudenza

Lumaca! la chiaman loro
quelli che tutto vedono sfocato
il mondo che circonda
ammira lei lucente e colorato.

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Sergio Saracchini 08/06/2020