giovedì 4 dicembre 2025

Di sasso

Di sasso


I bambini fanno saltare 

sassi piatti e sorridenti 

sul viso del lago

fino a volare

insieme

sull’altra sponda,

mentre gli uomini

vogliono camminarci

con piedi chiodati

profanando il nome

Tiberiade.

I bambini osservano

dall’altra sponda

corpi inermi

come sassi aguzzi 

con labbra di cicatrice 

e occhi spenti 

tremare sul fondo

ricoperto di chiodi.


Sergio Saracchini 





mercoledì 26 novembre 2025

Vicini, attaccati

Vicini, attaccati


Vicini

attaccati

su un muro

con la nostra amalgama

come due tessere

di un mosaico

a comporre

le nostre immagini.

Vicini

attaccati

con un bacio

su una busta

come due francobolli

con le nostre immagini.

Vicini

attaccati

come due calamite

dai poli opposti

in un unico

campo magnetico

con la forza

delle nostre immagini.


Sergio Saracchini


Il salto

 

Il salto


Ho visto un uomo saltare

sulla faccia della luna

era felice

e anche lei

per quel continuo solletico.

Ho visto un uomo saltare

sulla faccia della terra.

Entrambi

scomparvero.


Sergio Saracchini


domenica 14 settembre 2025

Settembre

 

Settembre 


È in questo settembre 

che senti i passi 

pesanti e bagnati

calpestare gli sguardi 

un tempo oltre l’orizzonte 

e ora distesi a terra

sotto le ombre lunghe 


sergiosaracchini




domenica 7 settembre 2025

A chi verrà - Poesie Al Muro 3 settembre 2025 Stevenà di Caneva

 

A chi verrà

 

Lasciamo a chi verrà

pagine scritte con sorrisi

e non con lacrime

dove passato e presente

siano mani sicure

a stringere quelle

dai passi incerti

della fanciullezza.

 

Lasciamo a chi verrà

quello che abbiamo costruito

con impegno, dedizione

amore, speranza

rispetto, educazione,

certezze

e infine

libertà.

 

Lasciamo a chi verrà

occhi curiosi

spalancati e stupiti

e non accecati

da polvere e detriti.

 

Lasciamo a chi verrà

non solo braccia

per sventolare

bandiere di pace

e occhi per ammirare

arcobaleni di uguaglianza

ma braccia per accogliere

e occhi per guardare oltre.

 

Lasciamo a chi verrà

quanto di buono

abbiamo costruito

per il loro futuro.


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domenica 10 agosto 2025

10 Agosto La notte di San Lorenzo

 10 Agosto

La notte di San Lorenzo

Ogni giorno, durante il mio tragitto a piedi da casa a lavoro, un uomo anziano, fuori dalla sua abitazione e apparentemente in attesa di qualcuno, mi saluta. Anche in autunno e in inverno, quando clima e temperature non sono particolarmente avverse, lui è lì, dentro a un giaccone imbottito con un cappello di lana calato fino agli occhi. Persino durante quelle giornate dove una pioggerellina leggera rende l’atmosfera opaca e poco invitante ad uscire, l’uomo, con un vecchio ombrello mezzo rotto, mi attende. Un sorriso aperto con un paio d’occhi ancora vispi mi trasportano in uno stato di benessere. Sorriso, occhi e un leggero movimento del capo in avanti sono il suo: “Buongiorno Signore”. Non ho mai sentito la sua voce e non conosco nulla di lui, neppure il nome. So solo che quel saluto mattutino è diventato un appuntamento fisso, un aprire la giornata sotto una buona luce. Non è una novità, in altre circostanze ho avuto il piacere di imbattermi in persone che, con modo solare, mi rivolgevano il saluto in maniera spontanea e senza avere mai avuto occasione di conoscermi.

Il contraccambiare, però, è sempre cosa gioiosa, fa provare una sensazione di “presenza” su questa terra. Dopo un periodo di ferie e ripreso servizio con il mio abituale spostamento a piedi, mi accorsi che l’uomo non era presente fuori dalla sua abitazione, le giornate erano calde e le ore del mattino invitavano a farsi accarezzare dal sole. Starà poco bene o è andato via momentaneamente o forse avrà trovato alloggio presso una struttura per anziani, vista l’età, pensai. Lo rividi, era sereno, aveva quel sorriso di sempre, i suoi occhi esprimevano gioia. In quella circostanza ebbi modo di conoscere il suo nome. Buongiorno Sig. Pino, gli dissi. Il suo saluto, muto, rimase aggrappato tra le lettere del suo nome, i petali di un fiore, la fiamma di un lumino e una preghiera che gli dedicai. Una piccola lacrima rigava il mio volto ma, i nostri sorrisi si incrociarono dissolvendola. Era il 10 agosto e in quella notte una nuova stella brillava nel cielo. Non sarebbe stata mai una stella cadente, ma una stella a cui rivolgere, ogni notte, un saluto.

Sergio Saracchini


domenica 3 agosto 2025

Piccoli Bagliori Notturni


1.bagliore


È alla sera

che ripongo

i vestiti del giorno

li, nell' armadio

che cela i segreti

in quell'angolo muto

dove le parole non dette

spettegolano

solo tra loro

un bisbigliare

alle mie spalle

ma poi so

che mi vogliono bene

e domani

saranno ancora mie



2. bagliore


Pipistrelli

hanno preso

il posto dei gabbiani

ma a loro

non interessa

tanto sanno

che i pipistrelli

non possono vedere

quello che solo loro

dominano

gli uomini



3.bagliore


Ho nostalgia

della luce

di lucciole

a illuminare

con la luna

ipiccoli spazi

dell' anima

dove vivono

le speranze

e crescono

i desideri

che neppure

le stelle

sanno regalare


4.bagliore


Quel lampione

che mi indica

il civico 111

dove vivono ancora

le persiane verdi

e lasciano intravedere

lumini e rosari

e la donna canuta

raccogliere preghiere

nelle mani

che non sanno scrivere

ma sanno

insegnare lettere

d'amore



5. bagliore


Abbaia triste

il cane solitario

in questa notte

che ha sbranato

il giorno a morsi,

si prepara il gallo

a intonare

il canto di vendetta.


Sergio Saracchini 


lunedì 28 luglio 2025

L'ESSERE

L’ ESSERE

E’ mia abitudine, nella stagione calda, entrare nei supermercati con addosso una consistente felpa. Tale abitudine nasce da esperienze pregresse dove, passando dal caldo al freddo, vedevo la mia immagine, riflessa sui vetri dei congelatori, assumere quella di Roald Amundsen (esploratore norvegese delle regioni polari). Sintomi come brividi, irrigidimento muscolare e crampi al basso ventre mi assalivano, mentre una galaverna imbiancava barba e capelli, tanto che i bambini rimanevano nel dubbio se Babbo Natale fosse sceso dalla Finlandia per qualche cura termale rigenerante. Una signora assai anziana, spacciandosi per la Befana, cercò un tentativo di approccio, fortunatamente il transito verso il reparto dei polli allo spiedo mi fece tornare alle mie sembianze naturali. Ultimata la spesa, senza aver acquistato nessuno surgelato, e avendo io comunque mantenuto una temperatura corporea equiparabile a quella dei bastoncini di pesce, decisi che era giunta l’ora dell’era del disgelo. Per giungere alle casse il percorso mi obbligò comunque a ripassare nella zona surgelati. All’incrocio tra Capitan Findus e Quattro Salti in Padella, venni investito da un riecheggiare che si traduceva in un… “diiiiiio booooon dove te va con quela pelicia de orso! Te vol che te spalmi anca del grass de foca?” Mi raggelai ancora di più. Un Essere,  dalle sembianze che ancora oggi non riesco a evincerne la specie e il genere, se umana o del regno animale, mi si parò di fronte alzando le braccia. In quel preciso istante pensai come avrebbe reagito e quale via di uscita adottato Roald Amundsen. L’Essere mi barrí altri suoni che  mi fecero pensare d’essere piombato nel Pleistocene e avere a che fare con un Mammut (maschio o femmina, questo difficile da identificare). Con una mossa, da fare invidia a un dribbling di Ronaldo, riuscii a passargli sotto il suo braccio/incavo ascella, dove notai la sua folta foresta pilifera ricoperta da una leggera brinatura/galaverna che,  oltre ad avere i colori invernali, liberava un olezzo da ricordare il minestrone de I Sapori dell’Orto (il reparto surgelati ne era sprovvisto). Raggiunta la cassa, pagata la spesa, imboccai l’uscita. Il tepore esterno incominciò a farmi godere una temperatura corporea più mite, mentre mi assalirono visioni del  Colonnello Giuliacci che ripeteva “la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole …”  Non mi tolsi la felpa (che se avesse avuto modo di parlare mi avrebbe chiesto per la prossima volta di voler indossare anche lei un coprispalle) e  mi appropinquai a entrare in auto. Non feci in tempo.  Una ventata di aria gelida uscì dal finestrino di un’auto che mi affiancò. Era l’Essere del Pleistocene che, avendo azionato il climatizzatore a una temperatura da Ritirata di Russia, nuovamente emise suoni conditi da imprecazioni che comunque riuscii a tradurre in un : Te si  ancora col majon? Te son fora de testa?Diiiiio….. Il mio fu un momento di stordimento intenso che si alternava tra il lasciare perdere e l’assumere le sembianze di un Mike Tyson Rex del Giurassico, unico nel riuscire a sostenere un “dialogo pacifico” basato sul “rispetto e comprensione “. L’Essere con una sgommata e una gimcana tra carrelli e clienti, sparì quasi decollando come un  Archaeopteryx. Optai per la prima soluzione. Senza togliere la felpa salii in auto, accesi al minimo il riscaldamento e mi diressi verso casa. Giunto, sistemai  la spesa e solo dopo mi tolsi la felpa. Pensai cosa prepararmi per pranzo. Non avevo voglia di mettermi a cucinare e decisi di prendere qualcosa da sgelare dal freezer. Aprii il primo cassetto e, come d’incanto, una scatola de I Sapori dell’Orto  mi strizzò l’occhiolino, mentre i bastoncini di pesce si stavano prenotando per la cena. Dopo diverso tempo sono tornato in quel Supermercato. Era estate, il settore surgelati era fornito di varianti de, I Sapori dell’ Orto, Bastoncini di Pesce e Quattro Salti in Padella. Indossavo la mia felpona e Roald Amundsen confermava, dalle sue esplorazioni, la definitiva estinzione dell’Essere. La presenza di Giuliacci, invece, si sentiva nel settore polli allo spiedo con un riecheggiare di : “ la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole …”


Sergio Saracchini 

lunedì 7 luglio 2025

UNA GIORNATA COLOR ROSSO SANGUE

UNA GIORNATA COLOR ROSSO SANGUE

Appena entrato percepii una voce di donna. Dietro il vetro separatore dello sportello, con tono perentorio e saccente, un’impiegata stava insegnando, ad una giovane neoassunta, le procedure e i passaggi necessari nella fase di accettazione e pagamento degli esami del sangue. Non identificai immediatamente il volto della giovane. Mi accomodai su un sedile della sala d’attesa, il posto occupato  non mi permetteva di vedere la presenza degli operatori all’interno del piccolo box adibito a sportello. Sentivo, come strette di un laccio emostatico attorno al braccio e l’infilarsi, freddo e doloroso, di un ago nella vena, i modi pungenti dell’insegnamento. Venne il mio turno. Il tabellone elettronico lampeggiò la lettera A seguita dal numero 08. Presentai prescrizione e impegnativa accompagnate dalla tessera sanitaria. La giovane, sotto lo sguardo inespressivo della collega “datata”, compiva in maniera ripetitiva le azioni che le erano state insegnate, stando bene attenta come e dove mettere gli strumenti di lavoro, penna, cucitrice, timbro, etichette. Notavo un leggero, ma visibile, tremore delle mani che la giovane cercava di camuffare con una sforzata e mal riuscita disinvolta manualità. La “datata” , ancora una volta, si spazientì con la giovane, motivo l’avermi consegnato ricevute, etichette e modulistica varia in un ordine non corretto. Intervenni, obbligatoriamente intervenni. Non si preoccupi, dissi, non è cosa grave, conclusi. Se non è cosa grave lo dico io, lei si limiti a ricoprire il suo ruolo di utente, mi rispose con tono secco e arrogante, tanto da immaginarla come il sergente Hartman in Full Metal Jacket. Rimasi basito dalla risposta, dentro di me si stava concretizzando la voglia di farle un prelievo di sangue con i miei canini che speravo, con magia cinematografica, mi spuntassero.

Rimasto con il desiderio di interpretare la scena clou di Dracula il Vampiro, presi le mie carte e mi diressi nella saletta prelievi. Dopo una breve attesa l’infermiera mi invitò, anch’essa con toni e modi tratti dal personaggio dell’infermiera carogna in Qualcuno volò sul nido del cuculo, a prendere posto sulla poltrona e a scoprire il braccio. Non riusciva a trovare la vena, circostanza che la portò a ripetere l’azione più volte. Mi fossero, sempre cinematograficamente, spuntati i canini le avrei insegnato i rudimenti del prelievo sanguigno tratti, anche in questo caso, dal film Nosferatu il Principe del Centro Prelievi. Trovò la vena e ne fu fiera, io un po’ meno. Uscito dalla stanza, dopo un saluto freddo, mi diressi verso l’uscita . Immediatamente dietro a me una donna, tenendosi il naso, mi superò correndo. Si sedette su una sedia all’ingresso . Con un fazzoletto si tamponava il naso grondante di sangue. Era passato Dracula o Nosferatu? Mike Tyson, invece , sotto mentite spoglie, aveva cambiato mestiere. La giovane collega, in preda ad un gesto dettato dallo stato d’animo, le aveva sferrato un diretto al naso. Mi avvicinai alla donna per sincerarmi su come stesse. Di tutta risposta un: mi lasci stare lei, non vede cosa mi ha fatto? mi assalì. Con calma e rassicurandola le dissi:non si preoccupi, non è cosa grave, lei si limiti a coprire il suo ruolo di utente al Pronto Soccorso.


Sergio Saracchini


domenica 18 maggio 2025

Il saluto dell’ uomo con l’ombrello

 Il saluto dell’ uomo con l’ombrello


Lo vedo ogni giorno. Cammina sempre da solo, veste una camicia blu  con bermuda e scarpe dello stesso colore. Il passo sicuro e il portamento eretto. Sono due gli elementi che lo contraddistinguono e lo collocano fuori dagli schemi tradizionali di un semplice passante di tutti i giorni, il  portarsi appresso sempre un ombrello e il salutare. Già, lui saluta tutti. Cammina appoggiando, delicatamente, la punta dell’ombrello per terra ad ogni passo, quasi non  volesse fare del male al terreno ma trovare con esso un legame, un contatto. Quell’oggetto sembra un qualcosa di regale, una sorta di scettro, una bacchetta di un maestro d’orchestra che dirige e tiene il tempo a questa sua marcia. Anche se il sole splende e le giornate sono terse, tiene saldamente in mano il suo fido compagno. Sembra voler dire io esisto, io sono un uomo e vado avanti, fiero, per la mia strada. Un ombrello prevalentemente usato come emblema identificativo, un suo modo per farsi riconoscere e, perché no, gettare le basi per  un contatto umano. La prima volta che lo incrociai sentii il suo saluto. Al momento pensai stesse salutando altri, poi, giorno dopo giorno, il saluto divenne costante, quasi un appuntamento che segnava il finire di una giornata, un arrivederci a domani. Lo incontro col suo ombrello, quindi un chiaro e forte “buongiorno signore!”. Lo saluto con  piacere, sembra quasi conoscersi da tempo. Non saluta soltanto me, ma chiunque incrocia, addirittura a un gruppo di giovani un sonoro “ciao ragazzi !”, loro gli ridono dietro, non sono abituati a questo approccio umano.  Confesso che inizialmente il mio semplice ed eloquente “mah!”,  assai dubbioso su quel passante, mi faceva trarre azzardate conclusioni e l’educazione di contraccambiare il saluto non mi sfiorava la mente. Col passare del tempo e dopo giornate grigie, pesantemente riflessive, sentivo magicamente la naturalezza nel rispondere con empatia, mentre pensieri e imbarazzi svanivano. Tornando a casa incrocio tante persone e tutti insieme ci facciamo compagnia, chiusi nei nostri ombrelli muti, nei  pensieri introspettivi, ingobbiti da riflessioni che serrano le bocche. L’uomo con l’ombrello, invece, cammina dritto, ha una sua meta e saluta chiunque incontri. Un saluto raramente contraccambiato. Prima d’entrare a casa osservo il mio ombrello insieme ad altri, tutti nel portaombrelli posizionato in un angolo del pianerottolo, si fanno compagnia. Entro a casa e il grande specchio del portabiti riflette la mia figura. Mi osservo e saluto. Un saluto che viene contraccambiato.


Sergio Saracchini 


Le Riflessioni  transitano

stazione dopo stazione 

sui binari del treno

di  un quotidiano vivere






giovedì 1 maggio 2025

Libertà tra sogno e realtà

Libertà tra sogno e realtà 


Cavalcare un arcobaleno

saltare su una nuvola

lasciarsi trasportare

sulle onde del vento

lanciarsi nel vuoto 

per essere presi

dalle ali di un gabbiano

sorvolare il mare

e con lento planare

farsi accogliere 

dalle ali di farfalla

per poi svegliarsi

su una rete cigolante

con in mano

la propria cella

di massima sicurezza 

smart 

iPhone o Android.

In lontananza 

il chiudersi delle mandate 

di una chiave d’accesso.


Sergio Saracchini 





mercoledì 26 marzo 2025

La leggerezza dell’ Essere

La leggerezza dell’ Essere


Se ho bisogno 

di leggerezza

piego 

un foglio di carta

con la pancia 

carica 

del mio inchiostro

decolla.

All’orizzonte

ali blù cobalto 

di una farfalla

di carta

sulla mia finestra 

si posano.


Sergio Saracchini 



sabato 22 marzo 2025

21 marzo giornata della poesia

21 marzo giornata della poesia


Scrivo

per tenermi vivo

per riconoscermi

per sopravvivere.

Scrivo

sulle righe del mio quaderno

dove posano

rondini e farfalle

dove ardono

le mie avversità

dove galleggiano i pensieri

 in cerca di una zattera e di approdo

dove volano

i ricordi del passato.

Scrivo sulle righe del mio quaderno

dove mi siedo

con gli amori

con gli amici

con gli affetti a me più cari

ma anche col nemico

per imparare a vivere

per imparare a scrivere.


Sergio Saracchini


Macbeth

Macbeth 


Ci nascondiamo

Dietro alti toni

Di tenori improvvisati

Perché non abbiamo

L’adagio innato

E lo spartito

Ci porta a condurre

Con la bacchetta

Appuntita e avvelenata

Il duello finale

Di una tragedia umana.


Innumerevoli note

Stonate e stridule

Scrivono nell’aria

Con ali senza piume

La tragedia bieca

In ripetuti atti

Dalla sete di potere

All’ambizione umana

Di Macbeth impazziti.


Sergio Saracchini 


Colazione

Colazione


Trapelano raggi di sole

tra gli scuri degli occhi

che pigri s’aprono

con le lenzuola

inebriate anch’esse

di caffè e pane caldo

e il dolce della marmellata

riporta alla mente

l’essersi scordati

di come inzupparsi

in quella tazza quotidiana

di una vita calda e fumante.


Sergio Saracchini


Desiderio di ritorno

Desiderio di ritorno 


Volo a planare 

di gabbiano 

preannuncia 

salsedine

dove scrivere 

parole di sabbia 

sul viso di spiaggia

e occhi di cielo.

Gabbiano portami

dove cuori di conchiglie

applaudono 

voglia d’estate 

e lasciami cadere 

su nuvole di schiuma 

che mare dedica 

nell’eccitazione 

del ritorno di tepore 

che 

non sa di parole .


Sergio Saracchini