sabato 13 dicembre 2025
giovedì 4 dicembre 2025
Di sasso
Di sasso
I bambini fanno saltare
sassi piatti e sorridenti
sul viso del lago
fino a volare
insieme
sull’altra sponda,
mentre gli uomini
vogliono camminarci
con piedi chiodati
profanando il nome
Tiberiade.
I bambini osservano
dall’altra sponda
corpi inermi
come sassi aguzzi
con labbra di cicatrice
e occhi spenti
tremare sul fondo
ricoperto di chiodi.
Sergio Saracchini
mercoledì 26 novembre 2025
Vicini, attaccati
Vicini, attaccati
Vicini
attaccati
su un muro
con la nostra amalgama
come due tessere
di un mosaico
a comporre
le nostre immagini.
Vicini
attaccati
con un bacio
su una busta
come due francobolli
con le nostre immagini.
Vicini
attaccati
come due calamite
dai poli opposti
in un unico
campo magnetico
con la forza
delle nostre immagini.
Sergio Saracchini
Il salto
Il salto
Ho visto un uomo saltare
sulla faccia della luna
era felice
e anche lei
per quel continuo solletico.
Ho visto un uomo saltare
sulla faccia della terra.
Entrambi
scomparvero.
Sergio Saracchini
sabato 1 novembre 2025
mercoledì 15 ottobre 2025
domenica 14 settembre 2025
Settembre
Settembre
È in questo settembre
che senti i passi
pesanti e bagnati
calpestare gli sguardi
un tempo oltre l’orizzonte
e ora distesi a terra
sotto le ombre lunghe
sergiosaracchini
domenica 7 settembre 2025
A chi verrà - Poesie Al Muro 3 settembre 2025 Stevenà di Caneva
A chi verrà
Lasciamo
a chi verrà
pagine
scritte con sorrisi
e non
con lacrime
dove
passato e presente
siano
mani sicure
a
stringere quelle
dai
passi incerti
della
fanciullezza.
Lasciamo
a chi verrà
quello
che abbiamo costruito
con
impegno, dedizione
amore,
speranza
rispetto,
educazione,
certezze
e infine
libertà.
Lasciamo
a chi verrà
occhi
curiosi
spalancati
e stupiti
e non
accecati
da
polvere e detriti.
Lasciamo
a chi verrà
non
solo braccia
per
sventolare
bandiere
di pace
e
occhi per ammirare
arcobaleni
di uguaglianza
ma
braccia per accogliere
e
occhi per guardare oltre.
Lasciamo
a chi verrà
quanto
di buono
abbiamo
costruito
per
il loro futuro.
4
domenica 10 agosto 2025
10 Agosto La notte di San Lorenzo
10 Agosto
La notte di San Lorenzo
Ogni giorno, durante il mio tragitto a piedi da casa a lavoro, un uomo anziano, fuori dalla sua abitazione e apparentemente in attesa di qualcuno, mi saluta. Anche in autunno e in inverno, quando clima e temperature non sono particolarmente avverse, lui è lì, dentro a un giaccone imbottito con un cappello di lana calato fino agli occhi. Persino durante quelle giornate dove una pioggerellina leggera rende l’atmosfera opaca e poco invitante ad uscire, l’uomo, con un vecchio ombrello mezzo rotto, mi attende. Un sorriso aperto con un paio d’occhi ancora vispi mi trasportano in uno stato di benessere. Sorriso, occhi e un leggero movimento del capo in avanti sono il suo: “Buongiorno Signore”. Non ho mai sentito la sua voce e non conosco nulla di lui, neppure il nome. So solo che quel saluto mattutino è diventato un appuntamento fisso, un aprire la giornata sotto una buona luce. Non è una novità, in altre circostanze ho avuto il piacere di imbattermi in persone che, con modo solare, mi rivolgevano il saluto in maniera spontanea e senza avere mai avuto occasione di conoscermi.
Il contraccambiare, però, è sempre cosa gioiosa, fa provare una sensazione di “presenza” su questa terra. Dopo un periodo di ferie e ripreso servizio con il mio abituale spostamento a piedi, mi accorsi che l’uomo non era presente fuori dalla sua abitazione, le giornate erano calde e le ore del mattino invitavano a farsi accarezzare dal sole. Starà poco bene o è andato via momentaneamente o forse avrà trovato alloggio presso una struttura per anziani, vista l’età, pensai. Lo rividi, era sereno, aveva quel sorriso di sempre, i suoi occhi esprimevano gioia. In quella circostanza ebbi modo di conoscere il suo nome. Buongiorno Sig. Pino, gli dissi. Il suo saluto, muto, rimase aggrappato tra le lettere del suo nome, i petali di un fiore, la fiamma di un lumino e una preghiera che gli dedicai. Una piccola lacrima rigava il mio volto ma, i nostri sorrisi si incrociarono dissolvendola. Era il 10 agosto e in quella notte una nuova stella brillava nel cielo. Non sarebbe stata mai una stella cadente, ma una stella a cui rivolgere, ogni notte, un saluto.
Sergio Saracchini
domenica 3 agosto 2025
Piccoli Bagliori Notturni
1.bagliore
È alla sera
che ripongo
i vestiti del giorno
li, nell' armadio
che cela i segreti
in quell'angolo muto
dove le parole non dette
spettegolano
solo tra loro
un bisbigliare
alle mie spalle
ma poi so
che mi vogliono bene
e domani
saranno ancora mie
2. bagliore
Pipistrelli
hanno preso
il posto dei gabbiani
ma a loro
non interessa
tanto sanno
che i pipistrelli
non possono vedere
quello che solo loro
dominano
gli uomini
3.bagliore
Ho nostalgia
della luce
di lucciole
a illuminare
con la luna
ipiccoli spazi
dell' anima
dove vivono
le speranze
e crescono
i desideri
che neppure
le stelle
sanno regalare
4.bagliore
Quel lampione
che mi indica
il civico 111
dove vivono ancora
le persiane verdi
e lasciano intravedere
lumini e rosari
e la donna canuta
raccogliere preghiere
nelle mani
che non sanno scrivere
ma sanno
insegnare lettere
d'amore
5. bagliore
Abbaia triste
il cane solitario
in questa notte
che ha sbranato
il giorno a morsi,
si prepara il gallo
a intonare
il canto di vendetta.
Sergio Saracchini
lunedì 28 luglio 2025
L'ESSERE
L’ ESSERE
E’ mia abitudine, nella stagione calda, entrare nei supermercati con addosso una consistente felpa. Tale abitudine nasce da esperienze pregresse dove, passando dal caldo al freddo, vedevo la mia immagine, riflessa sui vetri dei congelatori, assumere quella di Roald Amundsen (esploratore norvegese delle regioni polari). Sintomi come brividi, irrigidimento muscolare e crampi al basso ventre mi assalivano, mentre una galaverna imbiancava barba e capelli, tanto che i bambini rimanevano nel dubbio se Babbo Natale fosse sceso dalla Finlandia per qualche cura termale rigenerante. Una signora assai anziana, spacciandosi per la Befana, cercò un tentativo di approccio, fortunatamente il transito verso il reparto dei polli allo spiedo mi fece tornare alle mie sembianze naturali. Ultimata la spesa, senza aver acquistato nessuno surgelato, e avendo io comunque mantenuto una temperatura corporea equiparabile a quella dei bastoncini di pesce, decisi che era giunta l’ora dell’era del disgelo. Per giungere alle casse il percorso mi obbligò comunque a ripassare nella zona surgelati. All’incrocio tra Capitan Findus e Quattro Salti in Padella, venni investito da un riecheggiare che si traduceva in un… “diiiiiio booooon dove te va con quela pelicia de orso! Te vol che te spalmi anca del grass de foca?” Mi raggelai ancora di più. Un Essere, dalle sembianze che ancora oggi non riesco a evincerne la specie e il genere, se umana o del regno animale, mi si parò di fronte alzando le braccia. In quel preciso istante pensai come avrebbe reagito e quale via di uscita adottato Roald Amundsen. L’Essere mi barrí altri suoni che mi fecero pensare d’essere piombato nel Pleistocene e avere a che fare con un Mammut (maschio o femmina, questo difficile da identificare). Con una mossa, da fare invidia a un dribbling di Ronaldo, riuscii a passargli sotto il suo braccio/incavo ascella, dove notai la sua folta foresta pilifera ricoperta da una leggera brinatura/galaverna che, oltre ad avere i colori invernali, liberava un olezzo da ricordare il minestrone de I Sapori dell’Orto (il reparto surgelati ne era sprovvisto). Raggiunta la cassa, pagata la spesa, imboccai l’uscita. Il tepore esterno incominciò a farmi godere una temperatura corporea più mite, mentre mi assalirono visioni del Colonnello Giuliacci che ripeteva “la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole …” Non mi tolsi la felpa (che se avesse avuto modo di parlare mi avrebbe chiesto per la prossima volta di voler indossare anche lei un coprispalle) e mi appropinquai a entrare in auto. Non feci in tempo. Una ventata di aria gelida uscì dal finestrino di un’auto che mi affiancò. Era l’Essere del Pleistocene che, avendo azionato il climatizzatore a una temperatura da Ritirata di Russia, nuovamente emise suoni conditi da imprecazioni che comunque riuscii a tradurre in un : Te si ancora col majon? Te son fora de testa?Diiiiio….. Il mio fu un momento di stordimento intenso che si alternava tra il lasciare perdere e l’assumere le sembianze di un Mike Tyson Rex del Giurassico, unico nel riuscire a sostenere un “dialogo pacifico” basato sul “rispetto e comprensione “. L’Essere con una sgommata e una gimcana tra carrelli e clienti, sparì quasi decollando come un Archaeopteryx. Optai per la prima soluzione. Senza togliere la felpa salii in auto, accesi al minimo il riscaldamento e mi diressi verso casa. Giunto, sistemai la spesa e solo dopo mi tolsi la felpa. Pensai cosa prepararmi per pranzo. Non avevo voglia di mettermi a cucinare e decisi di prendere qualcosa da sgelare dal freezer. Aprii il primo cassetto e, come d’incanto, una scatola de I Sapori dell’Orto mi strizzò l’occhiolino, mentre i bastoncini di pesce si stavano prenotando per la cena. Dopo diverso tempo sono tornato in quel Supermercato. Era estate, il settore surgelati era fornito di varianti de, I Sapori dell’ Orto, Bastoncini di Pesce e Quattro Salti in Padella. Indossavo la mia felpona e Roald Amundsen confermava, dalle sue esplorazioni, la definitiva estinzione dell’Essere. La presenza di Giuliacci, invece, si sentiva nel settore polli allo spiedo con un riecheggiare di : “ la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole …”
sabato 26 luglio 2025
lunedì 7 luglio 2025
UNA GIORNATA COLOR ROSSO SANGUE
UNA GIORNATA COLOR ROSSO SANGUE
Appena entrato percepii una voce di donna. Dietro il vetro separatore dello sportello, con tono perentorio e saccente, un’impiegata stava insegnando, ad una giovane neoassunta, le procedure e i passaggi necessari nella fase di accettazione e pagamento degli esami del sangue. Non identificai immediatamente il volto della giovane. Mi accomodai su un sedile della sala d’attesa, il posto occupato non mi permetteva di vedere la presenza degli operatori all’interno del piccolo box adibito a sportello. Sentivo, come strette di un laccio emostatico attorno al braccio e l’infilarsi, freddo e doloroso, di un ago nella vena, i modi pungenti dell’insegnamento. Venne il mio turno. Il tabellone elettronico lampeggiò la lettera A seguita dal numero 08. Presentai prescrizione e impegnativa accompagnate dalla tessera sanitaria. La giovane, sotto lo sguardo inespressivo della collega “datata”, compiva in maniera ripetitiva le azioni che le erano state insegnate, stando bene attenta come e dove mettere gli strumenti di lavoro, penna, cucitrice, timbro, etichette. Notavo un leggero, ma visibile, tremore delle mani che la giovane cercava di camuffare con una sforzata e mal riuscita disinvolta manualità. La “datata” , ancora una volta, si spazientì con la giovane, motivo l’avermi consegnato ricevute, etichette e modulistica varia in un ordine non corretto. Intervenni, obbligatoriamente intervenni. Non si preoccupi, dissi, non è cosa grave, conclusi. Se non è cosa grave lo dico io, lei si limiti a ricoprire il suo ruolo di utente, mi rispose con tono secco e arrogante, tanto da immaginarla come il sergente Hartman in Full Metal Jacket. Rimasi basito dalla risposta, dentro di me si stava concretizzando la voglia di farle un prelievo di sangue con i miei canini che speravo, con magia cinematografica, mi spuntassero.
Rimasto con il desiderio di interpretare la scena clou di Dracula il Vampiro, presi le mie carte e mi diressi nella saletta prelievi. Dopo una breve attesa l’infermiera mi invitò, anch’essa con toni e modi tratti dal personaggio dell’infermiera carogna in Qualcuno volò sul nido del cuculo, a prendere posto sulla poltrona e a scoprire il braccio. Non riusciva a trovare la vena, circostanza che la portò a ripetere l’azione più volte. Mi fossero, sempre cinematograficamente, spuntati i canini le avrei insegnato i rudimenti del prelievo sanguigno tratti, anche in questo caso, dal film Nosferatu il Principe del Centro Prelievi. Trovò la vena e ne fu fiera, io un po’ meno. Uscito dalla stanza, dopo un saluto freddo, mi diressi verso l’uscita . Immediatamente dietro a me una donna, tenendosi il naso, mi superò correndo. Si sedette su una sedia all’ingresso . Con un fazzoletto si tamponava il naso grondante di sangue. Era passato Dracula o Nosferatu? Mike Tyson, invece , sotto mentite spoglie, aveva cambiato mestiere. La giovane collega, in preda ad un gesto dettato dallo stato d’animo, le aveva sferrato un diretto al naso. Mi avvicinai alla donna per sincerarmi su come stesse. Di tutta risposta un: mi lasci stare lei, non vede cosa mi ha fatto? mi assalì. Con calma e rassicurandola le dissi:non si preoccupi, non è cosa grave, lei si limiti a coprire il suo ruolo di utente al Pronto Soccorso.
Sergio Saracchini
domenica 18 maggio 2025
Il saluto dell’ uomo con l’ombrello
Il saluto dell’ uomo con l’ombrello
Lo vedo ogni giorno. Cammina sempre da solo, veste una camicia blu con bermuda e scarpe dello stesso colore. Il passo sicuro e il portamento eretto. Sono due gli elementi che lo contraddistinguono e lo collocano fuori dagli schemi tradizionali di un semplice passante di tutti i giorni, il portarsi appresso sempre un ombrello e il salutare. Già, lui saluta tutti. Cammina appoggiando, delicatamente, la punta dell’ombrello per terra ad ogni passo, quasi non volesse fare del male al terreno ma trovare con esso un legame, un contatto. Quell’oggetto sembra un qualcosa di regale, una sorta di scettro, una bacchetta di un maestro d’orchestra che dirige e tiene il tempo a questa sua marcia. Anche se il sole splende e le giornate sono terse, tiene saldamente in mano il suo fido compagno. Sembra voler dire io esisto, io sono un uomo e vado avanti, fiero, per la mia strada. Un ombrello prevalentemente usato come emblema identificativo, un suo modo per farsi riconoscere e, perché no, gettare le basi per un contatto umano. La prima volta che lo incrociai sentii il suo saluto. Al momento pensai stesse salutando altri, poi, giorno dopo giorno, il saluto divenne costante, quasi un appuntamento che segnava il finire di una giornata, un arrivederci a domani. Lo incontro col suo ombrello, quindi un chiaro e forte “buongiorno signore!”. Lo saluto con piacere, sembra quasi conoscersi da tempo. Non saluta soltanto me, ma chiunque incrocia, addirittura a un gruppo di giovani un sonoro “ciao ragazzi !”, loro gli ridono dietro, non sono abituati a questo approccio umano. Confesso che inizialmente il mio semplice ed eloquente “mah!”, assai dubbioso su quel passante, mi faceva trarre azzardate conclusioni e l’educazione di contraccambiare il saluto non mi sfiorava la mente. Col passare del tempo e dopo giornate grigie, pesantemente riflessive, sentivo magicamente la naturalezza nel rispondere con empatia, mentre pensieri e imbarazzi svanivano. Tornando a casa incrocio tante persone e tutti insieme ci facciamo compagnia, chiusi nei nostri ombrelli muti, nei pensieri introspettivi, ingobbiti da riflessioni che serrano le bocche. L’uomo con l’ombrello, invece, cammina dritto, ha una sua meta e saluta chiunque incontri. Un saluto raramente contraccambiato. Prima d’entrare a casa osservo il mio ombrello insieme ad altri, tutti nel portaombrelli posizionato in un angolo del pianerottolo, si fanno compagnia. Entro a casa e il grande specchio del portabiti riflette la mia figura. Mi osservo e saluto. Un saluto che viene contraccambiato.
Sergio Saracchini
Le Riflessioni transitano
stazione dopo stazione
sui binari del treno
di un quotidiano vivere
giovedì 1 maggio 2025
Libertà tra sogno e realtà
Libertà tra sogno e realtà
Cavalcare un arcobaleno
saltare su una nuvola
lasciarsi trasportare
sulle onde del vento
lanciarsi nel vuoto
per essere presi
dalle ali di un gabbiano
sorvolare il mare
e con lento planare
farsi accogliere
dalle ali di farfalla
per poi svegliarsi
su una rete cigolante
con in mano
la propria cella
di massima sicurezza
smart
iPhone o Android.
In lontananza
il chiudersi delle mandate
di una chiave d’accesso.
Sergio Saracchini
mercoledì 26 marzo 2025
La leggerezza dell’ Essere
La leggerezza dell’ Essere
Se ho bisogno
di leggerezza
piego
un foglio di carta
con la pancia
carica
del mio inchiostro
decolla.
All’orizzonte
ali blù cobalto
di una farfalla
di carta
sulla mia finestra
si posano.
Sergio Saracchini
sabato 22 marzo 2025
21 marzo giornata della poesia
21 marzo giornata della poesia
Scrivo
per tenermi vivo
per riconoscermi
per sopravvivere.
Scrivo
sulle righe del mio quaderno
dove posano
rondini e farfalle
dove ardono
le mie avversità
dove galleggiano i pensieri
in cerca di una zattera e di approdo
dove volano
i ricordi del passato.
Scrivo sulle righe del mio quaderno
dove mi siedo
con gli amori
con gli amici
con gli affetti a me più cari
ma anche col nemico
per imparare a vivere
per imparare a scrivere.
Sergio Saracchini
Macbeth
Macbeth
Ci nascondiamo
Dietro alti toni
Di tenori improvvisati
Perché non abbiamo
L’adagio innato
E lo spartito
Ci porta a condurre
Con la bacchetta
Appuntita e avvelenata
Il duello finale
Di una tragedia umana.
Innumerevoli note
Stonate e stridule
Scrivono nell’aria
Con ali senza piume
La tragedia bieca
In ripetuti atti
Dalla sete di potere
All’ambizione umana
Di Macbeth impazziti.
Sergio Saracchini
Colazione
Colazione
Trapelano raggi di sole
tra gli scuri degli occhi
che pigri s’aprono
con le lenzuola
inebriate anch’esse
di caffè e pane caldo
e il dolce della marmellata
riporta alla mente
l’essersi scordati
di come inzupparsi
in quella tazza quotidiana
di una vita calda e fumante.
Sergio Saracchini
Desiderio di ritorno
Desiderio di ritorno
Volo a planare
di gabbiano
preannuncia
salsedine
dove scrivere
parole di sabbia
sul viso di spiaggia
e occhi di cielo.
Gabbiano portami
dove cuori di conchiglie
applaudono
voglia d’estate
e lasciami cadere
su nuvole di schiuma
che mare dedica
nell’eccitazione
del ritorno di tepore
che
non sa di parole .
Sergio Saracchini


















