lunedì 28 luglio 2025

L'ESSERE

L’ ESSERE

E’ mia abitudine, nella stagione calda, entrare nei supermercati con addosso una consistente felpa. Tale abitudine nasce da esperienze pregresse dove, passando dal caldo al freddo, vedevo la mia immagine, riflessa sui vetri dei congelatori, assumere quella di Roald Amundsen (esploratore norvegese delle regioni polari). Sintomi come brividi, irrigidimento muscolare e crampi al basso ventre mi assalivano, mentre una galaverna imbiancava barba e capelli, tanto che i bambini rimanevano nel dubbio se Babbo Natale fosse sceso dalla Finlandia per qualche cura termale rigenerante. Una signora assai anziana, spacciandosi per la Befana, cercò un tentativo di approccio, fortunatamente il transito verso il reparto dei polli allo spiedo mi fece tornare alle mie sembianze naturali. Ultimata la spesa, senza aver acquistato nessuno surgelato, e avendo io comunque mantenuto una temperatura corporea equiparabile a quella dei bastoncini di pesce, decisi che era giunta l’ora dell’era del disgelo. Per giungere alle casse il percorso mi obbligò comunque a ripassare nella zona surgelati. All’incrocio tra Capitan Findus e Quattro Salti in Padella, venni investito da un riecheggiare che si traduceva in un… “diiiiiio booooon dove te va con quela pelicia de orso! Te vol che te spalmi anca del grass de foca?” Mi raggelai ancora di più. Un Essere,  dalle sembianze che ancora oggi non riesco a evincerne la specie e il genere, se umana o del regno animale, mi si parò di fronte alzando le braccia. In quel preciso istante pensai come avrebbe reagito e quale via di uscita adottato Roald Amundsen. L’Essere mi barrí altri suoni che  mi fecero pensare d’essere piombato nel Pleistocene e avere a che fare con un Mammut (maschio o femmina, questo difficile da identificare). Con una mossa, da fare invidia a un dribbling di Ronaldo, riuscii a passargli sotto il suo braccio/incavo ascella, dove notai la sua folta foresta pilifera ricoperta da una leggera brinatura/galaverna che,  oltre ad avere i colori invernali, liberava un olezzo da ricordare il minestrone de I Sapori dell’Orto (il reparto surgelati ne era sprovvisto). Raggiunta la cassa, pagata la spesa, imboccai l’uscita. Il tepore esterno incominciò a farmi godere una temperatura corporea più mite, mentre mi assalirono visioni del  Colonnello Giuliacci che ripeteva “la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole …”  Non mi tolsi la felpa (che se avesse avuto modo di parlare mi avrebbe chiesto per la prossima volta di voler indossare anche lei un coprispalle) e  mi appropinquai a entrare in auto. Non feci in tempo.  Una ventata di aria gelida uscì dal finestrino di un’auto che mi affiancò. Era l’Essere del Pleistocene che, avendo azionato il climatizzatore a una temperatura da Ritirata di Russia, nuovamente emise suoni conditi da imprecazioni che comunque riuscii a tradurre in un : Te si  ancora col majon? Te son fora de testa?Diiiiio….. Il mio fu un momento di stordimento intenso che si alternava tra il lasciare perdere e l’assumere le sembianze di un Mike Tyson Rex del Giurassico, unico nel riuscire a sostenere un “dialogo pacifico” basato sul “rispetto e comprensione “. L’Essere con una sgommata e una gimcana tra carrelli e clienti, sparì quasi decollando come un  Archaeopteryx. Optai per la prima soluzione. Senza togliere la felpa salii in auto, accesi al minimo il riscaldamento e mi diressi verso casa. Giunto, sistemai  la spesa e solo dopo mi tolsi la felpa. Pensai cosa prepararmi per pranzo. Non avevo voglia di mettermi a cucinare e decisi di prendere qualcosa da sgelare dal freezer. Aprii il primo cassetto e, come d’incanto, una scatola de I Sapori dell’Orto  mi strizzò l’occhiolino, mentre i bastoncini di pesce si stavano prenotando per la cena. Dopo diverso tempo sono tornato in quel Supermercato. Era estate, il settore surgelati era fornito di varianti de, I Sapori dell’ Orto, Bastoncini di Pesce e Quattro Salti in Padella. Indossavo la mia felpona e Roald Amundsen confermava, dalle sue esplorazioni, la definitiva estinzione dell’Essere. La presenza di Giuliacci, invece, si sentiva nel settore polli allo spiedo con un riecheggiare di : “ la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole, la temperatura è gradevole …”


Sergio Saracchini 

lunedì 7 luglio 2025

UNA GIORNATA COLOR ROSSO SANGUE

UNA GIORNATA COLOR ROSSO SANGUE

Appena entrato percepii una voce di donna. Dietro il vetro separatore dello sportello, con tono perentorio e saccente, un’impiegata stava insegnando, ad una giovane neoassunta, le procedure e i passaggi necessari nella fase di accettazione e pagamento degli esami del sangue. Non identificai immediatamente il volto della giovane. Mi accomodai su un sedile della sala d’attesa, il posto occupato  non mi permetteva di vedere la presenza degli operatori all’interno del piccolo box adibito a sportello. Sentivo, come strette di un laccio emostatico attorno al braccio e l’infilarsi, freddo e doloroso, di un ago nella vena, i modi pungenti dell’insegnamento. Venne il mio turno. Il tabellone elettronico lampeggiò la lettera A seguita dal numero 08. Presentai prescrizione e impegnativa accompagnate dalla tessera sanitaria. La giovane, sotto lo sguardo inespressivo della collega “datata”, compiva in maniera ripetitiva le azioni che le erano state insegnate, stando bene attenta come e dove mettere gli strumenti di lavoro, penna, cucitrice, timbro, etichette. Notavo un leggero, ma visibile, tremore delle mani che la giovane cercava di camuffare con una sforzata e mal riuscita disinvolta manualità. La “datata” , ancora una volta, si spazientì con la giovane, motivo l’avermi consegnato ricevute, etichette e modulistica varia in un ordine non corretto. Intervenni, obbligatoriamente intervenni. Non si preoccupi, dissi, non è cosa grave, conclusi. Se non è cosa grave lo dico io, lei si limiti a ricoprire il suo ruolo di utente, mi rispose con tono secco e arrogante, tanto da immaginarla come il sergente Hartman in Full Metal Jacket. Rimasi basito dalla risposta, dentro di me si stava concretizzando la voglia di farle un prelievo di sangue con i miei canini che speravo, con magia cinematografica, mi spuntassero.

Rimasto con il desiderio di interpretare la scena clou di Dracula il Vampiro, presi le mie carte e mi diressi nella saletta prelievi. Dopo una breve attesa l’infermiera mi invitò, anch’essa con toni e modi tratti dal personaggio dell’infermiera carogna in Qualcuno volò sul nido del cuculo, a prendere posto sulla poltrona e a scoprire il braccio. Non riusciva a trovare la vena, circostanza che la portò a ripetere l’azione più volte. Mi fossero, sempre cinematograficamente, spuntati i canini le avrei insegnato i rudimenti del prelievo sanguigno tratti, anche in questo caso, dal film Nosferatu il Principe del Centro Prelievi. Trovò la vena e ne fu fiera, io un po’ meno. Uscito dalla stanza, dopo un saluto freddo, mi diressi verso l’uscita . Immediatamente dietro a me una donna, tenendosi il naso, mi superò correndo. Si sedette su una sedia all’ingresso . Con un fazzoletto si tamponava il naso grondante di sangue. Era passato Dracula o Nosferatu? Mike Tyson, invece , sotto mentite spoglie, aveva cambiato mestiere. La giovane collega, in preda ad un gesto dettato dallo stato d’animo, le aveva sferrato un diretto al naso. Mi avvicinai alla donna per sincerarmi su come stesse. Di tutta risposta un: mi lasci stare lei, non vede cosa mi ha fatto? mi assalì. Con calma e rassicurandola le dissi:non si preoccupi, non è cosa grave, lei si limiti a coprire il suo ruolo di utente al Pronto Soccorso.


Sergio Saracchini