Il saluto dell’ uomo con l’ombrello
Lo vedo ogni giorno. Cammina sempre da solo, veste una camicia blu con bermuda e scarpe dello stesso colore. Il passo sicuro e il portamento eretto. Sono due gli elementi che lo contraddistinguono e lo collocano fuori dagli schemi tradizionali di un semplice passante di tutti i giorni, il portarsi appresso sempre un ombrello e il salutare. Già, lui saluta tutti. Cammina appoggiando, delicatamente, la punta dell’ombrello per terra ad ogni passo, quasi non volesse fare del male al terreno ma trovare con esso un legame, un contatto. Quell’oggetto sembra un qualcosa di regale, una sorta di scettro, una bacchetta di un maestro d’orchestra che dirige e tiene il tempo a questa sua marcia. Anche se il sole splende e le giornate sono terse, tiene saldamente in mano il suo fido compagno. Sembra voler dire io esisto, io sono un uomo e vado avanti, fiero, per la mia strada. Un ombrello prevalentemente usato come emblema identificativo, un suo modo per farsi riconoscere e, perché no, gettare le basi per un contatto umano. La prima volta che lo incrociai sentii il suo saluto. Al momento pensai stesse salutando altri, poi, giorno dopo giorno, il saluto divenne costante, quasi un appuntamento che segnava il finire di una giornata, un arrivederci a domani. Lo incontro col suo ombrello, quindi un chiaro e forte “buongiorno signore!”. Lo saluto con piacere, sembra quasi conoscersi da tempo. Non saluta soltanto me, ma chiunque incrocia, addirittura a un gruppo di giovani un sonoro “ciao ragazzi !”, loro gli ridono dietro, non sono abituati a questo approccio umano. Confesso che inizialmente il mio semplice ed eloquente “mah!”, assai dubbioso su quel passante, mi faceva trarre azzardate conclusioni e l’educazione di contraccambiare il saluto non mi sfiorava la mente. Col passare del tempo e dopo giornate grigie, pesantemente riflessive, sentivo magicamente la naturalezza nel rispondere con empatia, mentre pensieri e imbarazzi svanivano. Tornando a casa incrocio tante persone e tutti insieme ci facciamo compagnia, chiusi nei nostri ombrelli muti, nei pensieri introspettivi, ingobbiti da riflessioni che serrano le bocche. L’uomo con l’ombrello, invece, cammina dritto, ha una sua meta e saluta chiunque incontri. Un saluto raramente contraccambiato. Prima d’entrare a casa osservo il mio ombrello insieme ad altri, tutti nel portaombrelli posizionato in un angolo del pianerottolo, si fanno compagnia. Entro a casa e il grande specchio del portabiti riflette la mia figura. Mi osservo e saluto. Un saluto che viene contraccambiato.
Sergio Saracchini
Le Riflessioni transitano
stazione dopo stazione
sui binari del treno
di un quotidiano vivere